Non solo scultura
Quando la scultura diventa un pretesto...
.... legno ....
Sono sempre stato attratto dal legno e lo sono tuttora.
Da bambino, con fratelli, cugini ed amici ci divertivamo con rudimentali giocattoli costruiti con rami e cassette della frutta nel nostro grande parco giochi che era la
SCIANA, una collinetta vicina alla stazione disseminata di abeti, pini neri, cedri e cipressi. Alberi sui quali ci arrampicavamo come gatti imbrattandoci di resina e lacerandoci talvolta la pelle e i vestiti con grande disappunto dei nostri genitori.
Il legno, ovvero la legna, era in tutte le case, veniva tagliata a mano in inverno per l'anno dopo e i tronchi venivano poi ridotti in ciocchi con l'impiego di seghe circolari azionate dai primi trattori.
Il successivo ulteriore sminuzzamento era affidato ad asce e accette e quindi si costruivano cataste di legna, "pile" , lasciata ad essiccare per la stagione successiva pronta ad alimentare camini e stufe economiche, molto piú economiche ed ecologiche delle attuali.
Ho sempre ammirato ed invidiato la manualità degli artigiani del legno che creavano con maestria arredamenti, serramenti ed ogni sorta di utensile ed accessorio impiegato nelle case e nelle varie attività. Tutto era in legno un tempo, qualsiasi utensile di casa o da lavoro ne era composto. L'avvento delle macchine e di materiali innovativi ha messo poi il legno, quello vero, in secondo piano.
È arrivata la plastica e tutte le sue varianti, ed è arrivato il finto legno, almeno per la massa.
Il legno "vero" è riservato ai ricchi. Ai più sono riservati e propinati oggetti in "finto legno", nel migliore dei casi rivestiti e nei peggiori addirittura foto stampati.
La mia passione per gli oggetti in legno è rimasta immutata. Quando avevo figli piccoli ad ogni occasione li portavo in negozi di giochi che trattassero anche e soprattutto oggetti di legno. Loro erano attratti ed abbagliati da tanti colori e da tanti giochi moderni elettrici o elettronici ed io visionavo il reparto legno alla ricerca di giochi che potessero piacer loro ma che piacevano sicuramente a me.
In un negozio, poi chiuso, ho scovato giochi invenduti, caduti in disgrazia e surclassati da quelli tecnologici. Ovviamente li ho acquistati.
Ogni volta loro portavano a casa i loro giochi in plastica dimenticati puntualmente il giorno dopo ed io il mio oggetto o gioco in legno che andava ad infoltire la mia personale raccolta. A volte anche a loro regalavo oggetti in legno, che regolarmente snobbavano, ma in realtà erano per me. Un lusso che nella mia infanzia non era esistito e forse è stato meglio così.
Agli inizi degli anni novanta un mio sfortunato fratello, Roberto, è stato affidato ad una comunità di recupero nella quale la principale attività era la costruzione di oggetti di arredo in legno, tavoli, sedie, panchine, fioriere, arte povera.
Anche lui ne era affascinato e si era appassionato, nostra mamma conserva ancora e gelosamente un tavolo con sedie realizzati dal nostro
mastro Geppetto, in realtà poco stabili, ma dai quali non si separerà mai.
Dopo un paio d'anni la comunità è stata chiusa per mancanza di fondi e Roberto è tornato a casa e, vista l'esperienza, ci è parso giusto procurarci un minimo di attrezzatura e consentirgli di continuare a fare quello che aveva imparato sperando che potesse finalmente iniziare una nuova attività e una nuova e tranquilla vita. Non è stato così, è sopravvissuto pochi mesi nei quali ha realizzato alcuni oggetti in parte venduti ad amici ed in parte da me conservati.
Ogni tanto li passo in rassegna e li spolvero, con tristezza e rammarico, così come faccio con tutti gli oggetti che ho raccolto, costruito o acquistato.
La mia curiosità verso oggetti, giochi e sculture è stata poi nutrita da una visita ad una fiera tedesca e dall'avvento di internet. Da casa si visita il mondo e ci si rende conto dell'esistenza di una miriade di culture.
In ognuna ci sono persone, artigiani ed artisti, di una fantasia ed abilità incredibili ed infinite.
Tanti artigiani ed artisti in tutto il mondo sfruttano la tecnologia e le macchine ed utensili che la stessa mette a loro disposizione ma, i più ammirati e sorprendenti, almeno per me, sono quelli in paesi che consideriamo arretrati, che con le sole mani, talvolta anche con i piedi, con pochi e rudimentali attrezzi, realizzano mobili, attrezzature e sculture ineguagliabili.
Nel 2018, col mio amico Claudio, poliziotto romano in pensione che coltiva la stessa mia passione, abbiamo scoperto l'esistenza di una scuola di scultura del legno in quel di Pisogne. Un amico di quel paese cha aveva partecipato in prima persona all'istituzione della scuola ci ha organizzato una visita e abbiamo subito prenotato l'iscrizione per la stagione successiva.
I corsi si tenevano, e si tengono, al piano seminterrato di una scuola superiore dove il comune, una ventina di anni prima, con l'aiuto dei volontari ed appassionati, aveva allestito un laboratorio attrezzato per la scultura del legno e della creta.
Abbiamo scoperto un mondo di persone, donne e uomini, appassionate e spinte dalla voglia di creare qualcosa con le proprie mani, aiutati da "maestri" intrisi ed animati da altrettanta passione, con la sola mira di trasmettere disinteressatamente il loro sapere.
Il corso prevedeva, al primo anno, delle lezioni di disegno tenute dalla "profe" Maria Teresa, una signora di circa ottant'anni, di origini emiliane con una carica, uno spirito ed una spiritosaggine assenti in tanti giovani. Una mano magica che trasformava con un tocco i nostri scarabocchi.
Il corpo docente del settore legno era invece costituito da due maestri titolari , Giorgio e Aldo, da uno scultore esperto Sergio, sempre dedito a produrre opere su ordinazione che, a tempo perso, aiutava i neofiti come noi. La di lui moglie, signora Battistina, purtroppo recentemente scomparsa, spesso ci viziava con pasticcini di sua produzione e passava le serate al centro della stanza colloquiando con compaesani e non che nel frattempo lavoravano alle rispettive opere.
Quasi sempre arrivavo al corso con qualche minuto di anticipo ed assistevo, divertito ed intenerito, all'arrivo del corpo docente. Il maestro Giorgio, anch'esso quasi ottantenne, apriva la portiera alla "profe" e, presala sottobraccio, la accompagnava all'ingresso attraverso una rampa e una scala fino al seminterrato, sempre sorridenti e scambiando battute. A volte giungevano con qualche minuto di ritardo e la "profe" si giustificava: siamo stati in camporella, suscitando l'ilarità dei presenti.
Le battute, la serenità, la tranquillità ci accompagnava ad ogni lezione. Dopo la prima ora la "profe" continuava la sua opera istruendo ed aiutando le allieve, quasi tutte femmine, dedite alla scultura della creta, non dimenticando mai nessuno dei suoi alunni. Particolare attenzione era da lei rivolta ad un giovane adulto che era stato suo scolaro alle medie e che si dedicava a realizzare opere da regalare agli anziani genitori e zii (definiti da lui vecchi babbioni) ad ogni occasione, compleanni onomastici e feste comandate.
Già al primo giorno, dopo la prima ora di disegno, ci è stata data una tavoletta di tiglio e l'attrezzatura per scolpire, un set di scalpelli. Poche istruzioni e avanti a produrre trucioli copiando soggetti riportati sul legno con carta carbone. Direttamente al banco ci venivano impartite le prime istruzioni sull'uso dei singoli attrezzi, sul legno, sulle venature e sulle tecniche da usare via via.
Alle lezioni erano presenti nuovi e vecchi alunni, di ogni età, alcuni dotati di rara maestria ed altri, come il narratore, destinati a prendere numerosissime lezioni. Nelle due serate settimanali abbiamo conosciuto parecchi alunni nuovi e vecchi. Alcuni fuori corso che semplicemente passavano a salutare, a guardare o a finire in compagnia opere iniziate a casa loro o anche solo per chiedere consiglio ai maestri.
Un nuovo spicchio di mondo che si è aggiunto al nostro già variegato.
Il mio amico romano ha genitori abruzzesi e scopriamo che il maestro anziano ha origini di quelle terre ed è emigrato bambino e ora parla come un vero pisognese.
Le serate, due a settimana, si susseguivano scolpendo, discorrendo, bevendo e mangiando i pasticcini della Battistina. Un ragazzo ed una ragazza, insegnanti di origini meridionali, dopo una visita ai paesi natii, ci deliziavano di dolci tipici. Spesso ci si fermava ad osservare i rispettivi lavori o per chiedere l'intervento risolutore dei "maestri" per definire particolari per noi ostici.
Ora siamo al terzo anno, con una lunga pausa per la pandemia, il mio amico Claudio ha lasciato per varie vicissitudini famigliari e al fine per un incidente in moto ma si tiene sempre informato dell'andamento del corso. La "profe" non se la sente più tradita dall'età e dalla salute e ci mancano: la sua presenza, le sue battute ed i suoi consigli. Il corso comunque continua ed io pure, anche se per una sola sera a settimana.
Maestri, alunne ed alunni con le più svariate professioni, provengono da paesi sparsi nell'arco di 70/80 chilometri ma gli accenti dialettali si distinguono ed è un'altra delle faccende che mi affascina. Un giovane del mio corso, Dario, dell'età di uno dei miei figli, mi dice di essere di Anfurro, una località a me sconosciuta anche se vicina che, pronunciata da lui sembra un paese francese.
Odo ogni volta termini dialettali della bassa e media Val Camonica di cui mi affretto a chiedere il significato e li annoto nel mio vocabolario mentale dei vari dialetti. Giorgio ci spara una frase in dialetto Gaì (idioma dei pastori dell'alta valle) e io alla lezione successiva gli regalo un piccolo vocabolario di Gaì scaricato da internet.
Mi sento a mio agio in questo angolo intriso del profumo del legno di tiglio o di cirmolo, rivedo ogni volta volentieri i "maestri", persone semplici ma dotate di invidiabile arguzia e sensibilità, pronti ad aiutare ed insegnare senza far pesare la loro superiorità. Talvolta chiamati per qualche consiglio prendono le sgorbie e, con l'intento di mostrare la tecnica in qualche passaggio delicato, si lasciano prendere la mano e vanno avanti più del dovuto, con passione, discorrendo nel frattempo di argomentazioni varie, dalle più banali alle più impegnate, con tranquillità, con pacatezza. Capita di vedere a volte un trentenne tenere banco suscitando l'attenzione degli anziani e viceversa, senza prevaricazioni o volontà impositive da nessuna delle due parti. Un altro mondo.
Ovviamente fra gli "artisti" ci sono le più svariate personalità, tutte meritevoli di attenzione, dal timido e taciturno ma dotato ventenne al quasi pensionato fabbro con la passione del legno e mille idee in testa. Dal giovane fotografo giramondo al pensionato appassionato di miniature e così, la lezione si svolge anche scambiando opinioni ed ammirando i progressi delle rispettive "opere".
Il maestro più anziano, l'ottantenne Giorgio, pacato, arguto e capace di divertentissime battute, è dedito al controllo della situazione oltre che all'insegnamento. L'altro, Aldo da Castro, sempre allegro è spesso impegnato in opere scultoree o di falegnameria destinata alla nipote o a qualche causa benefica. Il tutto mentre ogni allievo continua la propria opera da finire, lucidare e portare a casa per mostrarla orgogliosamente ad amici e parenti.
Il mio personale mondo di legno si arricchisce delle mie modeste sculture, la mia galleria fotografica di personaggi nuovi e la mia memoria, già parecchio impegnata, fa spazio a nuove parole, nuove storie, nuovi visi, nuovi ricordi.
Angelo Bertazzoli
(allievo della scuola di scultura di Pisogne)
Aprile 2024